Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Napoli
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ABBI ABBE – Terra dei Fuochi

 
Il Presidente Emilio Ciccarelli intervistato dal giornalista Alberto Taglialatela di ABBI ABBE
 
Terra dei fuochi, intervista al presidente dell’Ordine degli Agronomi: “Troppo allarmismo mediatico”
 
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Terra dei fuochi, intervista al presidente dell'Ordine degli Agronomi: "Troppo allarmismo mediatico"
Oramai la parte di territorio tra Napoli e Caserta è identificata come la Terra dei fuochi, la Terra dei veleni o ancora come la Terra dei tumori. In un’unica espressione, troppo semplicistica, si è voluto riassumere in unica denominazione una realtà dai contorni chiaroscuri, che deve essere analizzata distinguendo le varie problematiche che attanagliano l’amata terra campana. Chi conosce bene le varie dinamiche e contorni di questa porzione di territorio è il Presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Provincia di Napoli, Dott. Emilio Ciccarelli. Giuglianese doc, iscritto all’Ordine di Napoli dal 1982  ha ricoperto più ruoli in passato, mentre attualmente ricopre anche la carica di Coordinatore Nazionale Presidenti Ordini Provinciali sede di Facoltà di Agraria con incarico di redigere le “Linee Guida Esami di Stato”. Inoltre, in seno alla Conferenza Permanente dei Presidenti delle Federazioni Regionali, è referente nazionale sulle tematiche professionali legate all’urbanistica e infrastrutture.
In che situazione si trova attualmente il comparto agricolo campano?
Il comparto agricolo negli ultimi tempi sta incontrando un grande freno, non legato alle ordinarie dinamiche economiche di mercato, ma ad un allarmismo mediatico che nei fatti sta massacrando un territorio oltre ogni più tollerabile verità. Un peccato davvero, visto che negli ultimi anni, mentre la crisi attanagliava i vari settori economici, il comparto si è riappropriato di spazi e importanza, creando anche nuova occupazione giovanile. E’ basilare fondare le scelte pubbliche su dati misurabili e non assumere decisioni con forti ripercussioni economiche e sociali solo su opinioni. Nell’intera vicenda si stanno sovrapponendo più problematiche: individuazione e bonifica dei siti inquinati e problematica delle acque di falda.
Che compito hanno le Istituzioni?
E’ un preciso dovere delle Istituzioni recuperare credibilità e fiducia, passando preliminarmente attraverso una esatta identificazione dei siti contaminati (mappatura dei luoghi) e intraprendendo, senza tentennamenti, interventi di bonifica, monitoraggio e messa in sicurezza e soprattutto normare i requisiti minimi per l’utilizzazione ai fini agricoli delle matrici acqua e terreno. Ad oggi, almeno per il territorio di Caivano e non per Giugliano delle attività innanzi elencate, si assiste solo ad una serie di sequestri operati sul presupposto di parametri non in linea con il dettato d el D.Lgs. 152/06 per la componente matrice acqua di falda e matrice terreni, con circa 700.000 mq sequestrati, di cui solo una piccola parte interessata da sversamenti illegali perpetuati da oltre 40 anni in delle vasche di macerazione per la canapa, fatti che tutti  sapevano da sempre. Non è accettabile che nell’accezione comune già si sia individuato nel settore agricolo il colpevole di tali malanni, anche se i risultati delle indagini sui prodotti agricoli effettuate dall’Istituto Superiore di Sanità sembrerebbero dimostrare come non vi sia un reale trasferimento degli inquinanti dalle matrici ambientali agli alimenti e pertanto non vi sia un reale rischio per la catena alimentare. Sulla vicenda del presunto inquinamento della falda acquifera bisognerebbe verificare se le sostanze eccedentarie provengono da fenomeni naturali (e.g. attività vulcanica) oppure da attività antropiche e valutare se esse sono pericolose. In quest’ultima evenienza, risulterebbero necessarie indagini appropriate. In sintesi, si è operato soltanto sulla presunzione infondata che le acque non definibili a norma, in base ad una legge non inerente specificamente all’agricoltura, producano inevitabilmente ortaggi pericolosi per la salute umana.
Riassumendo tutti gli ortaggi coltivati proprio sui terreni sequestrati e irrigate con le tante agognate acque non a norma, sono risultati salubri?
Sì. Per la piana agricola di Caivano e Giugliano, ad eccezione dei suoli ove si sono individuati sversamenti (solo il 5 % dei suoli sequestrati), non vi sono elementi per definire un sito inquinato e quindi di fatto non vi sono rischi per la salute pubblica. Se il D. Lgs. 152/06 rappresenta la norma discriminante sulle qualità delle acque irrigue (sebbene non lo sia di fatto), si dovrebbero, in base al quale, interdire almeno il 70% dei pozzi esistenti in Italia. Se la tabella 2 del D. Lgs. 152/2006 rappresenta un diktat, ciò significa che noi agronomi ed agricoltori, nell’espletamento delle ordinarie e buone pratiche agricole (anche nel rispetto dei principi della condizionalità e della green economy) stiamo di fatto espletando azioni “non legali”. E’ sufficiente osservare che circa 40% dei pozzi posti sotto sequestro sono risultati fuori norma a causa delle sole eccedenze di manganese e fluoruri nelle acque, le quali paradossalmente sarebbero tranquillamente utilizzabili per il consumo umano in base alla normativa che disciplina le acque minerali (D.M. 29/12/2003). Con il D.Lgs. n. 152/2006 il concetto di CLA (Concentrazioni Limite Ammissibile) del D.M. n. 471/1999 viene sostituito dall’introduzione del concetto di CSC (Concentrazioni Soglia di Contaminazione) e di CSR (Concentrazioni Soglia di Rischio), in funzione dei quali mutano anche le definizioni di Sito Potenzialmente Inquinato e di Sito Inquinato. Le CSC rappresentano quei livelli di contaminazione delle matrici ambientali, superati i quali è necessario procedere con l’analisi di rischio sito specifica. Un sito nel quale si sia verificato il superamento delle CSC è considerato potenzialmente contaminato. Mentre con la normativa precedente era sufficiente il superamento dei limiti tabellari, uguali per tutti i siti, perché scattasse l’obbligo di procedere alla bonifica, con il D.Lgs. 152/2006 gli interventi si attuano solo se, a valle di un’analisi di rischio sanitario ambientale sito-specifica, si accerta il superamento di valori che, per quel determinato sito, rappresentano le concentrazioni soglia di rischio e diventano l’obiettivo da raggiungere con la bonifica.
 
L’analisi del rischio specifica dell’utilizzo delle matrici incriminate passa obbligatoriamente per l’analisi della salubrità dei vegetali?
Certo. Tali analisi  sono state effettuate per gli ortaggi coltivati sui campi sequestrati (Comune di Caivano) del 11/11/2013 ad opera dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento di Agraria, con prelievo effettuato dal dottore di ricerca Mauro Mori, il quale provvedeva ad effettuare apposito prelievo delle masse verdi coltivate sulle particelle oggetto di sequestro sottoponendo ad analisi chimica analitica gli ortaggi prelevati, e consegnando i rapporti di prova da n. 0001 e n. 0009 del 25 novembre 2013 (allegato 4), nei quali si certifica che il campione non solo rispetta ampiamente i limiti di legge (per Pb e Cd), ma risulta anche assolutamente salubre per quanto riguarda il contenuto generale di minerali.
Come giudica il decreto sulla Terra dei Fuochi?
Il decreto del 2 dicembre sull’emergenza rifiuti nella piana campana è basato su un’architettura barocca fatta di comitati e commissioni inter-ministeriali, con il supporto di una nutrita schiera di enti nazionali di ricerca e dell’Arpac, chiamati a produrre un intreccio aggrovigliato di indirizzi, decreti, studi, relazioni, programmi straordinari di intervento, in un meccanismo a cascata, in apparenza serrato, che rischia, per come funzionano poi queste cose nella realtà, di durare anni.  Nei casi conclamati di inquinamento il provvedimento dovrebbe consentire di isolare e impermeabilizzare queste aree, piantando alla fine dei boschi di protezione ecologica, che riqualificano anche il paesaggio, e tutt’intorno, delle fasce verdi no food per l’ulteriore assorbimento dei potenziali inquinanti. Questa strada di deresponsabilizzazione non convince, perché alla fine sono le capacità locali di governo e controllo del territorio che vanno potenziate, al di là dell’introduzione delle nuove fattispecie di reato e degli inasprimenti delle pene.